giovedì 7 gennaio 2016

Tu ti senti apposto con la coscienza?


La vita è una merda. La vita è sofferenza. Viviamo per soffrire sto mondo è una valle di lacrime. Come cani in gara al cinodromo corriamo appresso ad una cazzo di lepre finta. La lepre più finta di tutte. La lepre che loro hanno scelto per noi e che noi non possiamo fare a meno di litigarci come cani. Come tanti scemi inebetiti sfiliamo di fronte queste cazzo di vetrine piene di desideri che non potremo mai realizzare o che almeno la stragrande quantità dei levrieri del cinodromo non potrà mai agguantare e mordere. Parlo soprattutto per voi. Io non mi sento così levriero. Non sono uno dei vostri levrieri, io comunque in ogni caso rincorro la mia di lepre e la mia di lepre forse anche peggiore della vostra, ma questo è un altro discorso. Si è piccoli e si cresce, si cresce e si torna piccoli. Ed in questo lasso di tempo bisogna vedere chi è il cane che mangia di più.  Vi vedo come cani, cani grossi, cani che sbavano e si agitano per la lepre, una lepre che una volta presa non vi basta più, perché dopo di lei ce ne sarà un’altra ed un’altra ancora. E sarà così fino alla fine dei giorni, fino alla fine del tempo, del vostro tempo! Quanto tempo hai? Quanto tempo ti rimane ancora? Boh, nessuno lo sa. E se lo sai, o sei Dio o di tempo te ne rimane poco. Vivi, mangia, guadagna e muori. Muori male. Dovete morire male tutti quanti voi bastardi, bigotti benpensanti de sto gran cazzone. Odio. Odio chiama odio. E io chiamo aiuto. Aiuto! Mi capisci? Capisci di cosa parlo? La mia lingua ti entra in quella testa? Non ci credo tanto. Se fossimo tutti quanti sempre felici, tu pensa a che vita di merda. La gente vive della sofferenza ed ama, adora la sofferenza altrui. Quel tipo di dolore che pensi non possa mai capitare a te, succedere a te. E invece poi sì! E io godo. Perché non è che posso soffrire solo io. Tocca a tutti prima o poi, chi più chi meno certo, ma sicuro da soffrire ce n’è tanto in giro e io mi cibo una bella fetta. Perché non mi sento come voi e forse la mia sofferenza è una, la diversità. Però quella diversità a volte ti fa sentire stranamente importante, ti fa conoscere sofferenze che altri non sanno nemmeno esistere e che sicuro non ci tengono a conoscere. Ma poi ‘sti cazzi, ci sono io e ci siete voi. Siamo in guerra? Qui è guerra ogni cazzo di giorno, non parlo della guerra delle bombe dei fucili, parlo della guerra quella che ti esplode in testa, quella che una volta esplosa cambia tutto, quella del cane mangia cane, la guerra dei poveri, la guerra tra poveri. La guerra più tremenda? Quella che si combatte per il nulla. E loro ci hanno insegnato a vivere per il nulla. Sbavare per il nulla di niente. Azzannare per quel nulla che piace a te, piace a voi, e che allora deve piacere anche a me. Non ci sto. Morite tutti. Lo so che non è bello da dire, ma morite tutti e male. Molto male dovete morire. Siete il veleno, siete la piaga, siete l’astio di tutto questo mondo che invece di odiarvi, vi segue e vi schiaffa la sua lunga lingua bagnata fra le chiappe. Odore di merda. Lo senti tu l’odore di merda che sento io? Dico di no. Sono patinati. Digitalizzati. In HD. Sono in Tv. Sono sui cartelloni. Sono la pubblicità. Sono la società. Sono loro. Sono l’oro. Sono tutto ma sono il niente. Da un diamante non nasce niente, dalla merda e il fango nascono i fior. De Andrè. Genio. Manco stronzi posso dirvi allora, quelli sono utili e galleggiano, voi inabissate, voi trascinate giù tutto quanto. Tutti noi. E non portate ad un cazzo di nulla. Mi sento intorpidito. Anestetizzato. Ma incazzato uguale. Sono incazzato con me stesso. Sono incazzato con voi. Con me perché non faccio un cazzo di niente e con voi perché non fate un cazzo di niente uguale. Ma io almeno lo so chi sono e lo dico, ma voi invece mentite come a me, a tutti quanti. Bugiardi. Falsi. Finti. Pupazzi. E ai cani si sa che i pupazzi piacciono da impazzire. Vai a votare, ma vai a votare pupazzi. Non c’è più un cazzo di politico come si deve. Mio padre dice che dopo Berlinguer quasi niente è stato più. Io ero troppo piccolo. Non ci capisco un cazzo e ne sono cosciente, o almeno sono quel minimo cosciente per capire che non valete niente. Ma voi di che nerchia di cazzo state parlando? A cazzo di cane, tutto a cazzo di cane! Maiali. Cani e porci. Scorci d’una Roma che non c’è più. L’impero. Il Duce. DUX. Gente di merda i fasci. Sempre lì pronti a menare le mani. Come le scimmie. Io invece mi limito a scrivere quello che penso e menare chi proprio rompe il cazzo. E comunque penso troppo. Il troppo pensare fa star male. Lo star male mi fa sentire vivo, ma stanca anche e allora cerco di intorpidirmi e a volte il dolore è troppo. Sapete di che parlo? Ma no! Che ne sapete voi.Voi calcio, soldi e fica e passa la fatica. Beati voi che non sudate. Io sudo molto, troppo. Sudo il dolore, il male dentro. Espello le tossine. Amo le tossine. E non mi stanno antipatici i tossici. I tossici ti fanno star bene. Loro stanno peggio e tu che li vedi pensi di stare meglio. Per ogni tossico che muore Keith Richards guadagna un anno di vita. Legenda. Dove si firma per tutto ciò? Voglio firmare anch’io. Lascia una firma, perché ormai si firma per tutto. Solo firme. Firme ovunque. Apri un conto e firma. Compra una macchina e firma. Lascia un assegno e firma. Che società di merda la nostra. I valori dove sono finiti? E le mezze stagioni? Semplice, stanno insieme ai valori. Mai esistiti. Il tempo cambia e con lui tutto il resto. Ma cambia in peggio, sempre tutto in peggio. Io faccio del mio peggio, ma quel peggio lo faccio al meglio e mi ci stanco pure. Tu la giochi ‘sta partita? Ma quale partita, da mo che la partita è finita. Qui è già tutto che visto e finito. Tutto finito. Boom! Come la bomba, scoppia e se scoppia, esplode tutto e non lascia più niente. Solo i ricordi. Tu ti ricordi? Che fine ha fatto Tizio? E Caio co’ Sempronio? Alla fine solo i ricordi ti restano. Non si può vivere solo di ricordi. Prima o poi qualcosa te la scordi e fa che non sia importante! Mi raccomando. Io ho scordato come ci si comporta. Bevo troppo. Simone sta troppo… Prima o poi si scotta. Mi scotto sì. A sta sotto il sole ci si scotta sì, mica sono un cazzo di uomo di cemento. Invidio il cemento. Invidio la vostra amalgama. Siete come un muro fatto di paraocchi e pregiudizi. Vi scivola tutto di dosso, come acqua dal muro. Io invece assorbo e un cazzo spurgo. Anzi invece spurgo, giusto quelle tossine quando sudo. Ma sudo tanto perché non sono più un normale come voi. Mentecatti. Stupidi. Ma sereni. Ma quale serenità? Quand’è l’ultima volta che hai veramente sorriso? Quando è stato? Dico davvero. Indagine di mercato. Censimento. Scatta la conta. Sanno tutto di tutti. Ma non frega un cazzo di niente a nessuno. Se ne fregano. Lo fanno solo per i soldi. Per guadagno. Chiamali scemi. Io mi ubriaco, mi drogo, mi rubo una Panda e butto nel Tevere. NON SONO COME VOI. Capito bene ora? Forse sono peggio. Ma lo sono per colpa vostra. Sono il tuo cazzo di meglio surrogato che si incazza e ti si rivolta contro. Niente di personale. E’ il principio. E io sono il principe dei non princìpi. Ne ho uno per ogni stronzo di voi che si lamenta. Quando siamo noi che dovremmo lamentarci. Non mi lamento. Soffro. In silenzio. Omertà. Chi sa, sa. Chi non sa, non sa. Non sopporto più chi mi circonda. La solitudine gioca brutti scherzi. Ti senti solo e cerchi compagnia. Confidi che quella compagnia possa diventare amicizia. Ma mi sa che mi sbagliavo. Sciacalli irriconoscenti del cazzo. L’opportunismo. A farsi prendere per il culo poi da chi? Probabilmente se state così bene tra di voi è perché io tra di voi non riesco più a stare. Il bello è che mi sentivo pure tradito in principio, poi ho capito che il fesso sono io. Che sono vulnerabile e quindi voi colpite.  Penso sempre prima troppo agli altri e poi a me stesso. Spesso non dico subito ciò che penso perché ho paura di ferire, ma poi rimugino, accumulo, tengo e trattengo dentro e per matto alla fine passo io. Mi emargino e voi mi emarginate. Terra bruciata. Terra bruciata tutt’intorno. Come al solito. I veri amici sono pochi e forse non esistono proprio. O forse la vera amicizia è un qualcosa d’effimero, che dura per poco. L’attimo che all’altro gli è servito per prendere quello che avevi e che lui voleva. Alla fine è che ognuno cerca ciò che più gli interessa. S’è soli a questo mondo. Soli si nasce, soli si muore. Siamo noi stessi con voi altri, ma alla fine tutto si riduce al proprio pensiero, al proprio essere. Perché quando sarà il momento e il momento è sempre più vicino di quello che si crede, soli resterete, soli con voi stessi. E quindi tu ti senti apposto con la coscienza?

                                                                                       J_Pxxch

lunedì 19 gennaio 2015

XX ROMA - Il Vento Cambia by Poo NSA


Intro: Questo è un piccolo racconto scritto da me e tratto da uno dei migliori blog sul writing romano e mondiale. XX Roma come già specificato in un mio articolo in precedenza, oltre ad avvalersi della fama di essere una delle migliori e più accurate fonti sul writing, ha anche avuto l'onore di presentare il mio primo racconto breve ispirato da una mia esperienza passata. Buona lettura.
                                                                                      Joey Pooch




Non ricordo precisamente che anno fosse, penso il 1998 o 1999 comunque non è questo che importa. Era un inverno freddo e noi spesso ci facevamo in motorino tutta la Colombo per arrivare ad Ostia e dipingere il Lido. Scendevi dal motorino che le tue mani erano già infreddolite, poi quando dipingevi con lo spray in mano rischiavi proprio il congelamento dell'arto. Ossia la tua mano rimaneva bloccata e addormentata per molto tempo. 
Quella sera filava tutto liscio, ci stavamo facendo un end to end da paura con lo sfondo colorato. Bombavamo a Colombo, il capolinea del Lido, dipingendo in fondo dove finisce il binario, ed il vento tirava dalla stazione dove c'è il metronotte di guardia verso di noi. 

La fine dei binari della linea Lido ad Ostia. Stazione di Cristoforo Colombo.
.
Poo, end to end accannato fermo a Piramide, il capolinea Romano. Linea Lido, 2000.


Se il vento tirava in quel verso difficilmente succedeva qualcosa di strano, si finiva sempre tutto in tranquillità per il semplice motivo che i rumori non arrivavano in stazione ma si perdevano nella vastità della boscaglia lì intorno. Purtroppo per noi ad un tratto il vento cambiò e di conseguenza cambiò anche il corso della serata. 
Il rumore degli spray sopraggiunse all'orecchio del cane da guardia che prontamente abbaiando da bravo stronzo qual'era svegliò il metronotte. Noi in ogni caso avevamo praticamente finito quando il metronotte sopraggiunse correndo e brandendo in mano la pistola. "Fermi o sparo" gridò ad alta voce mentre noi già correvamo verso la ringhiera. Ad un tratto "BOOM" il tonfo sordo sinonimo di sparo, ma contrariamente al solito mentre correvo, a pochi centimetri da me avvertii il sibilo di qualcosa che mi sorpassava. In altre occasioni avevano sparato ma solitamente sparavano in aria per fare scena e per farci correre. Invece quella volta il rumore di una racchetta da tennis che liscia la palla mi confermò che mi stavano sparando addosso. Il mio cervello non fece neanche in tempo a spaventarsi che già scavalcavo la ringhiera e mi perdevo nel buio della pineta. Anche quella sera ce l'avevamo fatta, fatta di nuovo e quella guardia bastarda non aveva nessun writer stronzo morto sulla coscienza. Mentre tornavo sul motorino verso casa pensavo a come certe volte nella vita cambia il vento... 

Poo NSA

Des Poo NSA. Linea B, 2006.
Throwup Poo al layup di Anagnina. Linea A, 1999.
Wholecar Kare Poo Des NSA. Linea B, 2004.


English:


The Wind Changes

I don't remember what year it was, maybe '98 or '99 but it's not important. It was a cold winter and we used to go to Ostia by scooter to paint the Lido line. When we'd get off the scooter our hands were already cold and while painting we risked getting our arm completely frozen. Your hand would be paralyzed and feel numb for a long time. That night everything was going well, we were painting a cool end to end with a colorful background. We were bombing at Colombo station, the endstop of the Lido line, down by the end of the tracks, and the wind was blowing from the station where the security was, towards us. 

The end of the tracks in Ostia. Cristoforo Colombo station.

Poo, unfinished end to end, Piramide station. Lido line, 2000.

When the wind blew in that direction usually everything was fine because the noise wouldn't reach the station. Instead it would get lost in the vastness of the woods all around us. Unfortunately for us, the direction of the wind suddenly changed and so did the course of the evening. The noise of the cans reached the guard dog's ear, and immediately that asshole started barking and woke up the guard. We had almost finished painting when the guard came running with the gun in his hand. He yelled "Freeze or I'll shoot", but we were already running towards the fence. All of a sudden "BOOM", the thud of a gun shooting, but contrary to other times I heard something hissing past me just a few centimeters away. They had shot us many times before but mostly in the air to scare us and make us run. But that night the noise similar to that of a tennis racket just barely missing the ball gave me the certainty that we were being shot at. My mind didn't even have time to feel scared before I was already climbing over the fence and getting lost in the woods. We'd made it again that night, and that motherfuckin' guard didn't have any dead writer on his conscience. While going back home on my scooter that night, I kept thinking about how sometimes in life the course of the wind just suddenly changes.


Poo NSA



Des Poo NSA. B-line, 2006.
Poo throwup at the Anagnina layup. A-line, 1999.
Kare Poo Des NSA wholecar. B-line, 2004.

mercoledì 1 ottobre 2014

Reception.


Reception.

Mi trovavo nella reception del Hotel Primus nei pressi di Stazione Ostiense, vicino la Piramide Cestia di Roma. Io ed il mio amico ci trovavamo circondati da quattro carabinieri e due poliziotti, gentilmente chiamati da uno dei due uomini del hotel. Il più giovane dei due, dopo aver ricevuto in petto un barattolo portapenne di metallo tirato dal mio amico, grazie ad un momento della nostra distrazione, era riuscito a sgattaiolare fuori dall’entrata dell’albergo e a chiamare le forze dell’ordine. La cosa che più mi sbalordiva era che le avesse chiamate entrambe. Doveva aver pensato che la situazione ne richiedesse la presenza. Io stringevo nella mano una busta piena di Ceres e nelle palle custodivo ciò che rimaneva dei 13 pezzi di cocaina che portavamo in giro dopo essere rimasti fuori casa. Mentre i toni della conversazione continuavano ad accendersi, ripensavo a come fossimo giunti in questa gradevole situazione.
-   Ma sei sicuro che ‘n ce l’hai?
-   So sicuro sì, non le trovo! Le devo avè lasciate dentro la machina mia che s’è preso Ciccio!
-   Che rottura de cojoni, cazzo! Ma te dovevi mette pe’ forza a litigà co’ coso lì? Mò c’ha cacciati de casa e stamo alle sei de’ mattina in giro co’a machina, senza na casa e co’ tredici pezzi addosso! E per di più sto ‘mbriaco fracico!
-   Daje ‘nnamosene a dormì in albergo, che ce frega tanto, i sordi n ce mancheno mica!
-   Sì, ho capito, ma già quanno sto da solo quelli de’a reception so ostici, figurete in due co’ ste belle facce che c’avemo mò!
La serata, seguita da una notte bellicosa, proseguiva all’insegna di un mattino afflitto dal disagio più nero.
-   Daje ‘mboccamo al Hotel Monteverde, ch’è uno dei più easy da espugnà!
-   Provamo a sto Hotel,sei te quello più pratico.
Come volevasi dimostrare, una volta arrivati alla reception, dopo aver chiamato per accertarsi che avessero una doppia libera, fummo respinti nell’immediata visione della busta bianca gonfia di dieci Ceres.
-   Lo sapevo guarda te come va a finì! Vedi se non dovemo ‘nboccà da me co’ mi madre e mi padre, sai che palle!
-   St’infamità de buciardi!
Dopo la prima scelta, la seconda cadde sul Hotel delle Rose nei pressi di Stazione Trastevere. Albergo era senza dubbio più costoso, ma durante quel periodo non è che il denaro fosse un problema per noi due. La scena si ripetè identica alla precedente, con una scusa ogni volta diversa venivamo accompagnati ancora all’uscita. Ripetuta la dinamica, anche la stessa chiamata venne fatta di nuovo, un’altra camera venne promessa e un altro stronzo alla reception ci avrebbe fatto il suo bel racconto su come si fosse sbagliato, o su come la camera non fosse ancora pulita o libera, o su come cazzo ne so io ci avrebbero sbolognato nuovamente. Ripresi l’auto a mio rischio e pericolo e guidai verso la nuova destinazione. Giunti nella Hall con la solita busta bianca e con le voci ancora più sguaiate dall’incazzatura fummo travolti da un flusso continuo di studenti che lasciava definitivamente l’albergo con tanto di professoresse vigili al seguito. Incontrammo il gentile personale che ci pregò di attendere un momento nel salottino della Hall sui divani. Non più sconvolti dall’ennesimo presagio di sventura, ci sedemmo e stappammo altre due bottiglie. Sul divano di fronte al nostro, Emilio, il mio amico, puntò una straniera di origini asiatiche che leggeva aspettando anche lei non so cosa. Capito e assicuratosi che la ragazza parlasse inglese, mi costrinse a turbarla, facendomi spiegare in lingua che noi fossimo due spacciatori e malavitosi. Sinceramente, ero così stanco che preferii parlare inglese, invece che discutere con i pugni in petto che il mio amico soleva regalare quando ubriaco e molesto. Puntualmente la donna scappò in un niente. Il tempo passava e noi eravamo ancora sul divano. Passati tre quarti d’ora e spopolatasi la Hall, era giunto il nostro turno. Dietro il banco della reception sedevano due uomini, uno più giovane dell’altro.
-   Ragazzi, purtroppo c’è un problema, C’è stato un errore!
-   Ah, sì? Un altro errore? Un’altra volta? E’ il terzo albergo che sbaglia di seguito! Senta siamo stanchi, ci state rimbalzando da una parte all’altra. Siamo ubriachi, è mattino presto, abbiamo perso le chiavi di casa e vorremmo solamente un posto per dormire.
-   Come già vi ho spiegato, purtroppo la camera non si è più liberata.
-   Senti ma che pensi che ‘n te pagamo? Eccheli li sordi!
Emilio cacciò dalla tasca all’incirca settecento euro in pezzi da cento e da cinquanta e glieli tirò sul bancone.
-   La prego signore non faccia così!
-   Non faccia così un cazzo! Ma che ce state a pijà per culo tutti quanti davero? Hai detto che la camera c’era e mò ce la dai sta camera der cazzo! T’arzo ‘na merda che manco te la immagini, ‘mbecille der cazzo!
Emilio nel frattempo aveva superato la soglia della sopportazione e della risata, non stava più ridendo e nemmeno io se era per questo.
-   Senta è uscita una scolaresca intera che ha lasciato lo hotel, e me vorrebbe dì che de tutte quelle camere sfitte non ce n’è manco una libera? Le hanno già tutte occupate? Sete r cazzo de arbergo che lavora mejo de Roma, ve? Me state a pijà per ‘r culo e mò me so rotto rcazzo pure io!
Preso dall’ira, strappai la tastiera del computer da sotto le mani del più vecchio dei due e la sbattei prima sul banco e poi sullo schermo dell’apparecchio.
-   Ce devi da dare la camera, mortacci tua!
Emilio prese il barattolo delle penne e lo scaraventò in petto all’altro. Di lì a poco arrivarono tre volanti. Io con fare diplomatico, spinto anche dai pezzi restanti nascosti sulla mia persona, illustrai nei minimi particolari tutta la nostra epopea. In cuor mio mi ero già preparato all’ennesima giornata in caserma o commissariato. Non mi si era mai presentato l’imbarazzo della scelta come quella volta. Alla fine della lunga discussione, i carabinieri, dopo aver delegato ai poliziotti il compito, se ne andarono. I ragazzi in blu, contro ogni pronostico, si batterono in nostro favore. Apriti cielo! I due albergatori si videro costretti a darci la camera. Godei. Godei come non mai. Saliti in camera durante un’allegra scazzottata che mi lasciò non pochi segni, ci dedicammo alle Ceres e ciò che rimaneva dello stupefacente. Emilio, preso il Messaggero in mano, studiò gli annunci che un po’ tutti i cocainomani conoscono. Il telefono squillò. Risposi io. Dall’altra parte uno degli albergatori spiegò che non poteva far salire la ragazza. Scesi al pian terreno in mutande e calzini e descrissi la brasiliana come una nostra amica stretta. Ma l’oriunda biondo ossigenato, non capendo una mazza di tutto ciò che avevo detto, si presentò dandomi la mano. Le bugie hanno le gambe corte. Alcune di loro addirittura cortissime. Arrivati in camera e dopo avergli offerto ciò che avevamo da offrire, iniziò la contrattazione sulla prestazione e sul prezzo. Giunti ad un’amichevole conclusione, l’oriunda spiegò che non avrebbe fatto niente in tre ed io di rimando spiegai che solo di Emilio si sarebbe dovuta occupare. Emilio ebbe la splendida idea di presentarci con i nomi invertiti, ossia io ero Emilio e lui Simone. Volevo sdraiarmi per riposare facendo finta di niente, non era la prima volta che mi trovavo di fronte spettacoli del genere e non sarebbe stata neanche l’ultima. Ma lei forte della fretta che aveva Emilio, e lo si poteva vedere ad occhio nudo quanta fretta avesse, riuscì a farmi confinare nel bagno della stanza. Mi addormentai seduto sulla tazza e con le gambe tirate su, poggiate sul lavabo. Non so quanto tempo fosse passato, ma quando mi svegliai fui aggredito da voci urlanti che richiamavano a scene di sesso selvaggio. Ancora rincoglionito dalle svariate ore d’eccessi vari, non capii immediatamente che la finta bionda brasiliana, con quel suo accento da viados di Copacabana, stava gemendo e gracidando il mio nome invece di quello d’Emilio.



-   Simone, Simoneee! Aaaahhh, Simoneeehheee!!!
No, basta! Era veramente troppo, la goccia fece traboccare il vaso. Di scatto saltai ritto in piedi sulle mie gambe, gambe che durante le ore di sonno si erano completamente addormentate, formicolando copiosamente. Raggiunta la posizione retta, le gambe cedettero ed io rischiai di spaccarmi mento e denti sul lavandino di ceramica bianca. Finito lo spavento, controllai che tutti i denti fossero al loro posto ed aprii la porta. Chiavavano come mandrilli sul matrimoniale, li guardai e loro videro me.
-   Ahò,‘n me frega ‘n cazzo! Io me devo sdraià, voi fate quello che cazzo volete! E Emì se caca ‘r cazzo daje de più! Io ar cesso n ce torno mica!
Emilio sbottò in una grassa risata. Mi sdraiai accanto ai due e chiusi gli occhi sdraiandomi su un fianco.
-   Ah e poi n’artra cosa! Dico a te! – Riferendomi alla donna.
-   Famme ‘n piacere, te prego! Smettila de dì ‘r nome mio! Sò io Simone e lui è Emilio! Te prego accanname!
La bionda guardò con fare interrogativo il mio amico che annuì. Mi risvegliai di sera e lei già era andata via. Ci rivestimmo e scendemmo le scale. Alla reception non c’erano più i tizi del mattino. Risalimmo in auto e guidammo verso casa. Anche un’altra lunga notte era finita ed io ero ancora vivo e libero per raccontarlo.


                                                     Joey Pooch

lunedì 29 settembre 2014

Le Chiavi di Mamma.



Le Chiavi di Mamma.

Rovistava tra i vestiti della madre nell’armadio, scomponeva l’ordine delle cose facendo ben attenzione a come le spostava perché di lì a poco avrebbe dovuto rimetterle tutte esattamente dov’erano. Mentre rovistava furiosamente pensava alla madre, e a dove avrebbe potuto nascondere le chiavi dell’automobile. Giorni prima era stato fermato dai Carabinieri in un parcheggio abbandonato a ridosso del Raccordo Anulare. Gli arrivarono alle spalle e lui non se ne accorse perché molto impegnato nella sua attività. Incastrato il cucchiaio tra le fessure di una delle bocche per l’aria condizionata, continuava ad accendere e spegnere un accendino che non lo aiutava nella sua impresa. Non essendo un Bic l’accendino, ma bensì uno di quelli venduti dai venditori ambulanti ai semafori, iniziava a squagliarsi per il forte calore continuo scaturito dalla fiamma blu. Con una attaches muoveva il liquido ribollente nel cucchiaio e separava la bolla oleosa generata dalla cocaina. Nel mentre iniziava a soffiare per freddare il tutto in modo da poter far solidificare e poi estrarre la cocaina divenuta crack. Nel posacenere due sigarette fumavano copiosamente generando la cenere necessaria per fumare la dura roccia gialla. Finito il processo, aveva posto la maggior parte del sasso in una pipetta riempita insieme alla cenere e aveva acceso ancora l’accendino che ormai supplicava pietà sudando gocce di plastica sciolta da sotto la placca metallica. I polmoni tiravano e si riempivano di denso fumo bianco, le tempie cominciavano a pulsare ed il cuore a battere. Stava soffiando via il fumo quando con la coda dell’occhio avvertì qualcosa muoversi nello specchietto retrovisore. Girò la testa e notò una Gazzella dei Carabinieri che con moto lento si introduceva nel parcheggio. Di rimando buttò tutta la cocaina rimanente nella pipa e tirò, tirò con forza, i suoi occhi si spalancarono, le palpebre gli tiravano e scattavano sotto l’effetto del narcotico che aveva scatenato un momentaneo “tic” nervoso. Fece finta di niente e buttò tutto sotto il sedile del passeggero. Poggiò la testa al sedile e con fare irrigidito si stiracchiò fingendo di starsi a riposare in macchina, come se avesse appena finito di schiacciare un pisolino. Una sagoma scura si avvicinò alla macchina, preceduta dal rumore d’uno sportello che apriva e chiudeva, una mano avvolta in uno stretto guanto di pelle nera bussò al finestrino. Con un cenno della testa lui, assecondato da un’espressione sbalordita, chiese all’agente cosa volesse e lui di rimando con un gesto pregò l’altro di aprire la portiera e scendere dal veicolo. Scese dall’automobile.
- - Che fa parcheggiato qui?
- -  Ma niente, stavo riposando un pochino.
La voce uscì strozzata e tremolante. Il ragazzo cercò di presentarsi come meglio potesse.
-  -  Scusi e lei viene qua a riposare?
-  - Perché che c’è di male?
- - Qua le domande le faccio io. Prego fornisca patente e libretto. E’ sua l’automobile?
-  -  Sì, è la mia ma è intestata a mio padre.
Aperto il cruscotto presentò il libretto e poi la patente estratta dal portafoglio. Il carabiniere portò i documenti al collega ancora in auto pronto a fare gli accertamenti.
  -  Cosa stava fumando?
- -  Io? Niente…
- - Senta ha della droga con lei?
- -  No.
La conversazione durò ancora per molto, proseguendo con la perquisizione personale e del mezzo. Il carabiniere rinvenì un involucro di plastica contenente un rimasuglio di polvere bianca, classificata come cocaina, sotto uno dei sedili. Di conseguenza il tutore dell’ordine si vide costretto a sospendere la patente del ragazzo e a compilare un foglio di possesso e sequestro di sostanza stupefacente.



Era il fine settimana e i suoi genitori erano andati fuori Roma, partendo insieme al fratello. La ricerca continuava, dando esito negativo. Tutti i ripiani e i cassetti erano stati aperti e scandagliati, ma niente da fare, la madre era riuscita a trovare un posto talmente segreto che nemmeno lui fu in grado di scovare. Stava rimettendo ogni cosa al suo posto quando l’occhio gli cadde su di una fessura che rimaneva tra il cassetto delle camicie del padre ed il portacravatte. L’oggetto scintillava ed era di metallo, aveva trovato un mazzo di chiavi. Erano sì chiavi e d’automobile, ma non erano le chiavi della madre. Il fratello aveva da poco acquistato una Mini Cooper presentando le buste paga del lavoro. Preso in mano il mazzo, fu aggredito da un forte senso di colpa, non avrebbe mai voluto rubare quell’auto ma data la particolare situazione, e dopo tutte le ore di ricerca, non fu in grado di comportarsi correttamente. Scendeva le scale verso il garage e pensava alla madre. In tutti i finesettimana che gli si presentarono nei mesi successivi non fu mai in grado di trovare quel mazzo tanto agognato, ma in ogni caso a parte quella volta non fu più capace di tradire la fiducia del fratello. 

                                                       Joey Pooch

domenica 2 febbraio 2014

"GhhRL 01"

GhhRL 01


Un tempo mi dilettavo anche nell'organizzare mostre e vernissage, poi il ricavato della vendita non copriva più i costi della stampa delle opere su supporti sempre più costosi e smisi di dedicarmi al mondo delle gallerie e delle mostre... Forse dovrei ricominciare anche in questo tanto per riempire un pò di più le mie giornate vuote... Voi che ne dite?

                            J_Pooch

"The Goon".


The Goon.

Se vi piacciono i fumetti, i film dell’orrore e le storie di mostri Eric Powell è il ragazzo che fa per voi. Uscito vincitore nell’assegnazione dell’Eisner Award (il premio più ambito tra i fumettisti d’oltreoceano) per il miglior numero singolo nel 2004, ed essendo creatore di uno dei comics più popolari degli ultimi anni, Eric “the Goon” Powell viene ben presto contattato dalla terza casa editrice d’America, la prestigiosa Dark Horse (quella famosa per aver pubblicato i fumetti di Robocop, Alien, Predator e Terminator) che gli propone nell’immediato di ristampare subito tutto quel poco materiale che era riuscito a stampare indipendentemente e di continuare a braccetto la pubblicazione di questa sua creazione che è certamente tra le più uniche ed eccentriche dell’ultimo periodo.
La storia è un “Melting Pot” di elementi che richiamano all’America del proibizionismo con i suoi gangster, di mostri e zombi che attanagliano una piccola cittadina nel sud dell’America più rurale, di un paladino che ha tutto ma che forse del paladino non può aver di meno, quindi di un antieroe e della sua spalla piccola e molesta, di scazzottate e botte da orbi e di streghe e splendide donne maledette che ricordano i noir del dopoguerra, tutto questo in una sola parola può essere descritto come “The Goon”, il miglior fumetto che si possa immaginare.
Da giovane, il protagonista rimasto senza genitori, vive con una zia che lavora per un circo itinerante come quelli che esistevano negli anni ’30, con tutti i suoi “Side Show” e fenomeni da baraccone che si rispettino. Purtroppo per lui anche la sua zietta viene uccisa da un gangster locale, che però osservando bene il ragazzo decide di prenderlo sotto la sua ala e così il giovanotto diventa il recupera crediti del boss.


L'antagonista senza nome.

Tolto di mezzo anche il boss, il giovane decide di continuare a riscuotere a suo nome e ben presto si ritrova ad essere il padrone del luogo, sfortunatamente per lui è proprio adesso che i suoi guai peggiori hanno inizio.
Nel paese arriva uno strano predicatore, un uomo senza nome, che inizia predicando ed ingannando a piantare il suo seme, il seme del male. Nel giro di poco tempo molta della popolazione del luogo si ritrova morta e senza anima ed inizia a vagare, marcendo per le vie della cittadella. Tutte le persone colpite da questo sortilegio entrano a far parte delle schiere del maledetto uomo che le ha costrette a questa finta vita. L’unico in grado di raddrizzare la cosa è senza dubbio “The Goon” ed è proprio così che ha inizio la più mostruosa e divertente storia che si possa immaginare.


The Goon alle prese con alcuni dei suoi soliti nemici. 
Le tavole di Eric Powell sono veramente splendide, l'uso della computer grafica e degli acquerelli si incontrano in modo incredibile per dar vita a questi fantastici disegni.

Tutto il fumetto è condito con accenni e rimandi ai film dell’orrore di serie B, le scazzottate sono all’ordine del giorno, le maledizioni sono tra le più crudeli e maledette che si possano immaginare, insomma se inizierete a leggere questo fumetto preparatevi ad immergervi in alcune delle atmosfere più torbide che si possano desiderare.
Eric Powell ha saputo inventare uno dei nuovi fenomeni che sta stregando l’America, quindi cosa mi resta da dirvi? Nient’altro che di andarvi a gettare nella fumetteria più vicina a casa e di cercare tutti gli arretrati di “The Goon”, datemi retta non ve ne pentirete!!!
                                         J.Pooch

venerdì 31 gennaio 2014

Genndy Tartakovsky


Genndy Tartakovsky

Cartoon Network è uno dei network di cartoni animati americani più grande e più in voga del momento, nel suo palinsesto possiamo trovare alcune delle produzioni che hanno vinto più premi in assoluto nella storia delle serie televisive di cartoon.
Tra i suoi cartoni possiamo annoverare alcuni dei serial più famosi degli ultimi anni e che ci hanno più appassionato, come ad esempio cartoni supereroistici del genere di “Le avventure di Batman”, “Statix Shock”, “Batman Beyond”, “Justice League” o il tanto acclamato e ultimo “Ben10”, serie dalle caratteristiche più comiche ed irriverenti come “Mucca e Pollo”, “Matteo Babbeo”, “I am Weasel”, “The Grim adventure”, ed anche i particolari “Dexter’s Lab” e le fantastiche “PowerPuff Girls” conosciuto qui da noi come “Le Superchicche”, la lista che potrei farvi durerebbe all’infinito quindi ci do un taglio e vengo a parlare dell’individuo su cui ho deciso di scrivere quest’articolo.
Genndy (pronunciato “Dzendy”) Tartakovsky, è un uomo di nascita russa proveniente da una famiglia di dentisti ebrei che poco dopo la sua nascita decisero di migrare verso l’occidente, fermandosi anche per un periodo di 3 anni qui in Italia, ma solo per poi spostarsi definitivamente negli States.



Arrivato a Chicago, il ragazzo non si fece mancare l’occasione di distinguersi nel corso dei suoi studi e così ebbe l’opportunità, arrivato al College, di iscriversi in una delle università più ambite della California, ossia il California Institute of the Arts, abbreviato in CalArts. All’interno dell’istituto seguì un corso di animazione, il corso che aprì le porte a tutta la sua carriera prossima e futura. Compagno di scuola dei non meno famosi Rob Renzetti e Paul Rubish, venne a conoscere in seguito anche Craig McCracken.
McCracken che aveva trovato lavoro presso “Hanna & Barbera” ed aveva visto e già conosciuto l’efficienza del trio d’amici universitari, raccomandò il terzetto al suo capo, che poco dopo decise di assumere anche loro. Da qui la carriera di Genndy prese decisamente una svolta decisiva.
Grazie ad Hanna & Barbera, inizò a lavorare per Cartoon Network (Canale che fa parte del colosso dell’animazione) ed in poco tempo si avvalse della creazione di alcuni dei serial più accreditati. Tra queste serie possiamo trovarne alcune del calibro di Dexter’s Lab, PowerPuff Girls, Star Wars:Clone Wars, il magnifico , geniale ed eccentrico Samurai Jack, Sym-Bionic Titan, ed altre ancora.
Queste serie vincono alcuni dei premi più prestigiosi, tra cui anche degli Emmy.



Il genio e la forte carica produttiva di quest’uomo ci hanno regalato alcuni degli episodi più interessanti e divertenti di animazione che si possano immaginare. Certamente tra tutte le serie che ha prodotto e scritto sono maggiormente legato a “Samurai Jack”, un cartone unico nel suo genere. I disegni piatti in 2d, le lunghissime scene di muto, gli scenari pazzeschi, l’uso del 16:9 per un cartone televisivo, insomma devo essere sincero a parer mio un cartone veramente innovativo, di cui magari avrò modo più in là di parlarvi ancora.
Comunque tornando a noi al giorno d’oggi il russo naturalizzato americano si sta dedicando più a film d’animazione come il già visto “PuwerPuff Girls The Movie” ed il simpatico “Hotel Transylvania”, qualche anno fa aveva anche annunciato di avere in cantiere un film conclusivo per “Samurai Jack”, serie mai terminata, ma purtroppo per cause di tempi e permessi sembra che il progetto sia  stato accantonato. Spero vivamente che l’idea venga ripresa in considerazione perché sono ormai molti anni che noi affezionati del samurai bianco aspettiamo che la fucina di trovate del russo si rimetta in azione sul nipponico personaggio.
Qui in Italia, a parte Walt Disney e da qualche anno a questa parte Hayao Miyazaki, non si parla mai dei creatori, scrittori e disegnatori che sono dietro a tutti gli splendidi cartoni che vediamo, ma la mole di lavoro che si nasconde dietro quel DVD che vedete sul divano con i vostri figli e che poi buttate nel dimenticatoio o su uno scaffale è veramente molta. Io credo che andrebbero un po’ più considerati e così nel mio qual modo mi sono sentito obbligato a spendere qualche riga per un uomo che forse meriterebbe un po’ più di notorietà. E comunque se adesso doveste chiedervi di chi sia quel nome assurdo e quasi impronunciabile che si trova alla fine o all’inizio di molti dei cartoni più belli su Cartoon Network e dintorni, adesso saprete darvi una risposta.

                                                J.Pooch