domenica 17 novembre 2013

É Tutto a Posto.

Capitolo Sette.

Palazzetti & Rave.


Guardava dritto davanti a se, poggiato con i gomiti sul davanzale del suo balcone, il sole splendeva alto nel cielo, era una bella giornata, di nuvole non se ne vedeva nemmeno l’ombra, almeno di nuvole in cielo perché di nuvole che ottenebrassero la sua mente e pensieri all’orizzonte se ne vedevano molte. Il pensiero del suo portafoglio in giro chissà dove non lo faceva stare bene, si chiedeva continuamente chi mai l’avesse trovato e sperava ardentemente che chi l’avesse trovato avesse scambiato la ketamina al suo interno per cocaina e che adesso gli fosse preso un accidente, un accidente innocuo, più che altro almeno una bella mezz’ora di spavento. A casa era solo aspettava che sua madre e suo fratello tornassero dal lavoro. La mattina stava bene a casa proprio perché non c’era nessun’altro, non che avesse niente contro il resto della famiglia, ma forse era il resto della famiglia che evidentemente non sosteneva più il ritmo delle sue stronzate continue. Sua madre non faceva altro che ripetergli “ Quand’è che la finisci? Quand’è che smetterai? Ancora non ne hai abbastanza?”… Questa parole non facevano che risuonargli in testa da un orecchio all’altro, ne era esausto ma sapeva anche benissimo che non era assolutamente ancora abbastanza e di conseguenza sarebbe dovuto ancora sottostare per molto a questo forcing ammorbante. In realtà l’unico vero morbo per la serenità del nucleo famigliare era lui e ne era completamente consapevole. Dall’episodio dei cerchioni in lega erano passate settimane e la situazione economica ristagnava in un continuo indebitarsi da uno spacciatore all’altro per coprire i danni che continuava a fare e che non era più bene in  grado di coprire. La sua credibilità come trafficante veniva offuscata dal suo aspetto sempre più emaciato e dai racconti che venivano sempre più spesso fuori. Roma per quanto grande è sempre un paese e una notizia o racconto che sia che fa scalpore non fa altro che passare di bocca in orecchio, da orecchio in bocca con il risultato che la realtà da principio viene completamente stravolta con situazioni sempre più paradossali e numeri sempre più grandi, quindi nell’arco di poco tempo va a finire che tutti sanno tutto di te e che in realtà non sanno niente di niente.
Ripensava tante volte a come avesse cominciato tutto quanto, la prima canna che si fece durante un’occupazione a Monteverde nel liceo classico Manara e da lì iniziò subito a rifornire di spinelli quei pochi bambini che fumavano canne alle medie nella scuola dove andava, non si trattava assolutamente di spaccio era più che altro un favore che faceva a quelli che desideravano fumo e che non sapevano dove procurarselo, fumavano canne tutti quanti insieme. Finite le medie proseguì gli studi andandosi a segnare in quel liceo dove tutto forse ebbe inizio, non perché lì avesse trovato canne ma perché voleva allontanarsi dal suo quartiere di periferia per spostarsi in uno più centrale e poi quello era anche il liceo di suo padre.
In quella scuola stravolse completamente tutte le sue amicizie, le persone con cui aveva affrontato gli anni delle elementari e medie vennero completamente tralasciate, quasi scordate, sostituite da quella ciurma di personaggi con cui iniziò poi a fare graffiti ed altro.
La sega a scuola che non aveva mai sperimentato durante gli anni delle medie per gli anni delle superiori divenne un “Must”, le mattine che la scuola veniva marinata erano innumerevoli rispetto a quelle in cui si entrava sino al punto in cui poi si andasse a rischiare la bocciatura, cosa che infatti in seguito non si fece mancare.
La mattine spesso venivano occupate con l’attività più redditizia che avessero inventato, almeno durante i primi due anni di ginnasio, ed era qualcosa di veramente geniale e perverso, si andava tutti insieme a fare i così detti “Palazzetti”.



L’attività dei palazzetti era scaturita dalla possibilità di potersi travestire da scout della chiesa, visto che molti dei suoi nuovi amici avevano militano tra le loro fila per così dire, quindi ci si metteva un cravattone verde e giallo intorno al collo e si entrava in chiesa per andare a rubare più opuscoli e foglietti possibili perché da lì a breve ci si sarebbe introdotti all’interno di condomini per chiedere soldi porta a porta millantando di raccogliere donazioni in favore di missionari e poveri o quant’altro gli venisse in mente, ad ogni banconota ricevuta loro ricambiavano con un opuscolo che come sempre non centrava niente con l’argomento per cui dicevano di raccogliere denaro, poi il tutto veniva condito con una dose di sfregio e vandalismo becero.
Gli “sfregi” così definiti consistevano in una serie di azioni deplorevoli ma molto divertenti, se non altro per loro, si iniziava col pisciare e cagare a turno negli ascensori del palazzo, sotto natale invece, arrivati all’ultimo appartamento in successione tra i piani, dopo aver ricevuto i soldi dall’inquilino di turno, a quest’ultimo gli venivano sparati Magnum(botti di capodanno) all’interno della casa con lui ancora presente e incredulo  sulla porta aperta, inutile dire che la colluttazione scattava ogni volta; ma la cosa che lui preferiva era raccogliere dai pianerottoli i vasi e portarli all’ultimo piano per lanciarli dalla tromba delle scale, la cosa esilarante era che ovviamente poi bisognava riscendere e fare a botte con i coinquilini del pian terreno perché accorrevano fuori dalle abitazioni per via dell’incredibile boato e vedevano questa folla di bambini/ragazzi urlanti che correvano giù di corsa per le scale.
I palazzetti erano redditizi si guadagnavano soldi con cui poi si andava a comprare il fumo da usare durante tutto l’arco della mattina.
Da lì a breve si iniziò ad uscire il sabato sera ed ad andare a quelle feste dove erano sempre più spesso ospiti indesiderati, infatti spesso ci si doveva imbucare scalando un balcone o magari ricattando qualcuno che stava all’interno per farsi aprire il portone del palazzo e poi la porta. Erano indesiderati soprattutto perché poi all’interno dell’appartamento le azioni di cui si macchiavano andavano a seguire molto l’iter perverso dei palazzetti, si rubavano vestiti e videogiochi, si scriveva con i pennarelli sulle pareti dei salotti e camere, si otturavano vasche da bagno con carta igienica le quali venivano poi riempite di piscio e cacca, la lista degli sfregi era tra le più varie.
Lui e il suo gruppo di amici in quegli anni non erano affatto visti di buon occhio tanto che delle volte si andarono a rischiare anche denunce.
Durante quegli anni la scena dei rave romani era al suo apice, quelli erano gli anni della Fintech di Castel Romano, quindi poi passato il periodo delle feste in casa si passò al periodo delle feste illegali. Ogni fine settimana era costretto quasi a scappare di casa anche perché non si usavano ancora tanto i cellulari e così i suoi genitori lo perdevano di vista per un lasso di tempo molto lungo per un ragazzo di appena 14-15 anni. Ai rave iniziò il periodo delle droghe sintetiche acidi, Trip, anfetamine, Speed, MDMA e pasticche, questi erano gli ingredienti con cui condire il sabato sera e la domenica mattina. I rientri a casa la domenica a pranzo o nel primo pomeriggio erano degli impatti micidiali, il ritorno in società e il ritorno in famiglia era un qualcosa di veramente pesante, si ricordava le volte che dimenticava le chiavi di casa e di conseguenza non poteva sgattaiolare in camera a dormire di corsa e veniva la madre ad aprirgli la porta… “Guarda che faccia  che hai!, Guardati fai schifo!, Ma non ti vedi! Non ti si può guardare!, Dove sei stato!”… Il suono di quella voce e di quelle parole pensava che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Il rapporto con sua madre era sempre stato dei migliori, ma da quegli anni in poi si andò sempre più incrinando, anche se durante quelle stagioni e il periodo che ci riguarda più da vicino in realtà non avessero mai smesso di volersi bene e di riuscire a passare anche dei momenti di estrema serenità. Spesso capitava infatti che quando tutta la famiglia si riuniva insieme a tavola per alcuni istanti ci si dimenticasse di tutto il disastro alle spalle e si ritornava come d’incanto a quegli anni più spensierati. Per quanto le due parti siano divenute poi avverse, lui e la madre sono sempre stati veramente molto simili, il modo di parlare, il modo di scherzare e il modo di fare battute si somigliavano molto e del resto poi si poteva anche notare quanto lui fosse il ritratto sputato della madre al maschile con giusto qualche vizio in più.
Per quanto spericolato e infervorato nelle sua imprese malsane, non sopportava chi dei sui amici trattasse male i genitori in modi denigratori o chi addirittura li caricava di  tutte le cause dei loro mali, aveva sempre avuto una sorta di etica in cui sapeva che i suoi genitori avevano ogni qual volta ragione e di conseguenza difficilmente si permetteva di ribattere quando veniva sgridato, d’altro canto pensava che di sicuro erano loro a soffrirne in modo molto più evidente del suo, quindi non vedeva motivo per il quale dovesse anche stare a discutere di cose e cause di cui era il solo e unico fattore scatenante.
Gli episodi che i rave gli riportavano alla mente erano veramente innumerevoli, anche perché gli anni dei rave furono lunghi abbastanza e non passarono di moda così alla svelta, di sicuro lo accompagnarono per tutti gli anni delle superiori. Dai rave romani, si passò ai rave in giro per l’Italia, soprattutto al nord, poi l’estate e durante le feste natalizie con i capodanni si partiva anche per i Teknival all’estero e là le feste duravano anche settimane di filato, nascosti in capannoni abbandonati o in qualche valle riparati dal bosco, Spagna, Francia, Olanda, Inghilterra e Germania. Erano gli anni dell’InterRail, con pochi soldi ti facevi un biglietto per girare indisturbato in più aree dell’Europa pagando a prezzi ridotti quei treni che non erano completamente gratuiti, un po’ di soldi da parte dei genitori, un po’ li mettevi tu e si partiva carichi di Ketamina e spesso anche con pasticche e fumo. Ogni Teknival equivaleva ad una sosta con smercio di stupefacenti all’arrivo e durante e rifornimento di nuovo alla partenza, perché poi ti sarebbero serviti a sopravvivere durante il viaggio. Il rischio c’era, si passava molto spesso in tante stazioni ma lui in quel periodo preferiva vendere Ketamina proprio perché ancora non era classificata come stupefacente, quindi dal punto di vista legale non eri perseguibile, tutt’al più un foglio di possesso di farmaco senza ricetta.
Durante gli anni ’90 si stava sicuramente meglio, leggi meno pesanti e poi c’era ancora la Lira fedele compagna nei più bei ricordi di ogni italiano. Con in zaino una padella, un fornelletto da campeggio e qualche scheda telefonica per grattare(poi le schede italiane sono sempre state le migliori invidiate da tutti), ti potevi permettere una bella vacanzona di un mese in giro per il continente senza troppi pensieri. Spesso si dormiva per strada quando il luogo e il tempo lo permetteva, in ogni paese in cui entravi dovevi iniziare a rifarti tutti i conti per il cambio, tutto costava meno e tutti sapevano meno, i rave non erano visti ancora così tanto di cattivo occhio, i cellulari non erano rintracciabili e poi chi più ne ha più ne metta, di sicuro ci si poteva divertire più di quanto non lo si possa fare adesso, ma poi come tutto d’altro canto anche gli anni dei rave pian piano finirono, la scena si andava sempre più diradando e le persone dei rave che lui frequentava anche un po’ alla volta smisero sempre più di andarci e così dai rave poi si passò agli afterhours, discoteche e Crack.
In questa rapida successione d’eventi ricostruiva quella mattina il suo percorso legato al mondo della droga giovanile, tralasciando il fatto che intervallava il tutto con dei periodi di writing serrato come valvola di sfogo dalla droga. I periodi che decideva di allentare un po’ la presa dalle dipendenze si dedicava anima e corpo allo scrivere, ai treni, pennarelli, metropolitane e Roma.
Stava iniziando a tornare indietro con la mente ancora una volta quando un suono lo interruppe d’un tratto, la chiave stava girando e la porta di casa si stava aprendo, sua madre era tornata a casa come al solito per il loro pranzo tète a tète.
-        Ah mà? Sei te? –
-        No, è ‘a polizia! –
-        Ahahaha! E sì, ce mancano pure loro… -
-        E infatti tanto noi non ci facciamo mancare niente! –
-        Madò! Sei monotematica però… -
-        Ah, sarei io quella monotematica ve? –
-        Mmmmmm, che palle! Com’è andata oggi? –
-        Come ieri e l’artro ieri, invece te che hai fatto stamattina? Te sei appena alzato? –
-        No, veramente me sò alzato già da ‘n po’… -
-        E immagino che sarai stato in miniera, apparecchia va che io mi cambio, ho preso la carne. –
-        Bona! Vabbè, dai vado ad apparecchià… -.

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